Posts written by Street82

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    "Un papiro copto parla della moglie di Gesù"



    papiro


    Nel corso di un convegno a Roma

    una storica della cristianità antica alla Harvard Divinity School

    ha presentato un frammento di papiro in copto nel quarto secolo

    che conterrebbe una frase mai esistita nelle Sacre Scritture:

    "Gesù disse loro: 'Mia moglie".





    www.telediario.mx/images/papiro.jpg

    Il frammento è più piccolo di un biglietto da visita e

    contiene otto righe di scrittura in inchiostro nero

    leggibili solo con la lente di ingrandimento.

    "Lei sarà in grado di essere mia discepola",

    sarebbe un'altra frase contenuta nel testo.

    A dare l'annuncio della scoperta,

    che ricorda le trame del Codice da Vinci di Dan Brown,

    è stata Karen King,

    la prima donna a occupare la cattedra più antica degli Stati Uniti.

    La provenienza del papiro resta un mistero

    e il suo proprietario ha chiesto di restare anonimo.

    In una intervista al New York Times e ad altri giornali americani,

    la King ha sottolineato che il frammento non deve essere preso

    come la prova che il Gesù storico fosse effettivamente sposato.

    Il testo sarebbe stato scritto secoli dopo la vita di Gesù

    e tutta la prima letteratura cristiana non sfiora la questione.

    La scoperta a suo avviso è interessante perchè

    conferma antiche tradizioni secondo cui Gesù era stato sposato.
    Ce n'era una già nel secondo secolo - ha detto la studiosa di Harvard -

    legata al dibattito se i cristiani dovessero sposarsi e avere rapporti sessuali"

    http://www.repubblica.it/images/2012/09/19...a424e0e95e1.jpg

    fonte:
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    Il progetto ISIS: La tomba del visitatore.

    Una delle ultime testimonianze della presenza aliena nel passato dell'umanità ci arriva dall Russia. La storia sembrerebbe un falso se non fosse supportato da un filmato che proverebbe la veridicità del fatto. Nel 1950, durante la guerra fredda, le superpotenze erano in piena corsa tecnologica per avere la supremazia spaziale e militare e la Russia cercava di portarsi in vantaggio rispetto ai ricchi americani cercando di scovare il segreto tecnologico di alcune civiltà antiche che lportavano una conoscenza superiore persino a quelle di oggi; e così finanziarono un progetto segreto tramite il KGB denominato ISIS che aveva proprio lo scopo di trovare tecnologie aliene nel passato. All'inizio non fu una ricerca molto proficua ma negli anni '60 trovarono in Egitto la "Tomba del visitatore".


    La mummia aliena nel sarcofago


    La scoperta fu quella di una tomba in Egitto, nella piana delle piramidi di Giza che conteneva il corpo di un presunto extraterrestre (il visitatore Osiris). L’età è stata stabilita all'incirca al 10500 A.C. oltre che col C14, anche con l’allineamento delle stelle. All’epoca infatti i russi hanno dovuto ricreare attraverso il computer l’esatta posizione delle stelle, durante la costruzione delle piramidi. Essi hanno mostrato questa animazione e hanno mostrato che l’allineamento delle stelle, con le tre piramidi di Giza risaliva proprio a quella data. Il video mostra il ritrovamento della mummia “aliena”, lunga circa due metri e la sua testa è stata ricostruita al computer. I russi hanno così scoperto che era identica a quella dei famigerati “Grigi”.



    Teschio della mummia ritrovata nella "tomba del visitatore"


    Il KGB aveva trovato anche un'altra camera. La camera della conoscenza.
    Si narra che in questa camera ci fosse il loro sapere, e che (forse) una volta aperta, avrebbe potuto portare all'estinzione dell'umanità.
    Quindi si decise di non aprirla e di abbandonare il progetto. Le camere vennero richiuse e i segni degli scavi cancellati.

    Le persone che parteciparono al progetto impazzirono o morirono, sicuramente era un piano nascosto del kgb per evitare la fuga di notizie



    eccovi un video del progetto isis ringrazio l'autore del video. Buona visione


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    L'Ufo gigantesco che fa preoccupare la popolazione cilena a Santiago

    Secondo un servizio del telegiornale locale i recenti avvistamenti di UFO nella città di Santiago stanno creando paura tra la popolazione infatti il 30 novembre 2012, un disco grande e luminoso seguito da altre piccoleluci sono state avvistate da più testimoni a Santiago. La preoccupazione della popolazione deriva anche dal fatto che l'oggetto in questione, secondo le varie testimonianze, era enorme forse le dimensioni di un campo di calcio, e sembrava brillare.

    Gli esperti cercaco di capire il perché questi oggetti volanti non identificati appaiono durante o dopo ogni disastro. Qual è la relazione tra gli UFO e le calamità naturali, eventi catastrofici come terremoti? E perché tale interesse a Santiago, un hotspot enorme per attività UFO?

    Il risultato di un sondaggio di opinione pubblica in Cile, dice chiaramente che l'85% della popolazione di questo paese crede nella presenza extraterrestre sul nostro pianeta.

    Video



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    Grazie :)
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    Ciao Loredana il piacere é mio
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    Il mistero dei resti archeologici scoperti a Nan Madol (in Micronesia) che mette in difficoltà gli scienziati

    Nan Madol è uno straordinario sito archeologico che, insieme a diversi altri sparsi nell'area dell'Oceano Pacifico, costituisce uno dei grandi misteri della storia e un notevole elemento di disturbo per le stolide certezze della scienza "ufficiale", la quale, non riuscendo a spiegarlo, preferisce continuare a ignorarlo.



    Si trova sull'isola di Pohnpei, che in precedenza si chiamava Ponapé, nelle Isole Caroline, un vasto arcipelago della Micronesia nel quale, secondo gli storici e gli archeologi di formazione accademica, non avrebbe dovuto prosperare alcuna civiltà capace di erigere monumenti del genere. Si tratta di un complesso monumentale di proporzioni straordinarie, al cui confronto anche l'enigma dei moai dell'isola di Pasqua, le grandiose statue disseminate lungo le pendici dell'isola più solitaria e orientale della Polinesia, appare relativamente semplice.


    Strano a dirsi, le problematiche relative a Nan Madol sono poco conosciute anche fra i cultori eterodossi della storia e dell'archeologia e perfino fra i patiti del mistero ad ogni costo, quelli sempre pronti a tirare in ballo l'eredità di Atlantide, e magari l'intervento degli extraterrestri, ogni volta che ci s'imbatte in un elemento anomalo rispetto alle nostre attuali conoscenze. Non ne parlano né Francis Hitching nel suo Atlante dei misteri, né Richard Cavendish nella Enciclopedia del soprannaturale, e neanche Jennifer Westwood nel suo Atlante dei luoghi misteriosi. È come se quelle enormi costruzioni semisepolte nella giungla e nel mare, delle quali non sappiamo praticamente nulla di certo, semplicemente non esistessero.

    Forse, a ritardare l'esigenza di uno studio serio e approfondito posto dalle rovine di Nan Madol, ha contribuito il fatto che uno dei primi ad occuparsene è stato, tra la fine dell'Ottocento e i primi decenni del Novecento, un personaggio che non godeva di alcun credito presso la scienza "ufficiale": il colonnello britannico James Churchward, convinto sostenitore del continente perduto di Mu e controverso studioso delle cosiddette tavolette Naaacal, trovate - a suo dire - in alcune località dell'India e, poi, della Mesoamerica, scritte in un linguaggio sconosciuto e che lui stesso avrebbe decifrato, ricavandone informazioni sconcertanti sulla storia più antica dell'umanità.



    Non è questa la sede per esporre le teorie dell'eccentrico Churchward, che, essendo un dichiarato cultore di esoterismo, non è stato preso sul serio dagli archeologi professionali o dagli studiosi di linguistica di formazione scientifica. Chi fosse interessato ad approfondire l'argomento, può leggere i suoi ponderosi volumi, che sono stati tradotti anche in lingua italiana. Per ora basterà dire che, per Churchward, il continente di Mu, situato nella parte centro-meridionale del Pacifico, sarebbe stato la sede di un Impero del Sole, che ha dato origine a tutte le antiche civiltà del pianeta, prima di essere distrutto da una serie di cataclismi naturali.

    Al momento del suo massimo splendore, esso avrebbe ospitato una popolazione di 64 milioni di abitanti, oltre a una ricca fauna di grandi animali, tra i quali il mastodonte, progenitore dei nostri elefanti. Caratterizzato da un clima sub-tropicale, da estesissime foreste e praterie, il continente di Mu avrebbe raggiunto un governo unitario, benché fosse abitato da dieci diverse razze umane. Da una di quelle stirpi sarebbero discesi gli ariani, simili a noi, ma di statura più alta. Le catastrofi che distrussero Mu sarebbero state due: una, avvenuta in tempi immemorabili, avrebbe spezzato il grande continente, frantumandolo in una serie di isole minori; la seconda, circa 12 mila anni fa, avrebbe spazzato via anche queste, ad eccezione di alcune isolette tutt'oggi esistenti.



    Nel suo libro Mu, il continente perduto (titolo originale: The Lost Continent of Mu, 1926, 1931 (traduzione di Adria Tissoni dall'edizione inglese del 1994, Editoriale Armenia, Milano, 1999, pp. 102-103), Churchward così si esprime circa i resti spettacolari dell'isola di Ponapé:

    Qui si trova ciò che considero il reperto più importante tra quelli rinvenuti in tutta l'area dei Mari del Sud. Si tratta delle rovine di un grande tempio, una struttura che misura 90 metri di lunghezza e 18 di larghezza, con mura che nel 1874 erano alte nove metri e che a livello del suolo presentavano uno spessore di un metro e mezzo. Sulle pareti sono tuttora visibili i resti di alcune incisioni che rappresentano molti simboli sacri di Mu.
    L'edificio presentava canali e fossati, sotterranei, passaggi e piattaforme., il tutto costruito in pietra basaltica.



    Sotto il pavimento di forma quadrangolare vi erano due passaggi di circa nove metri quadrati, posti l'uno di fronte all'altro, che conducevano a un canale. Al centro della vasta superficie quadrangolare si trovava la stanza piramidale, senza dubbio il sancta sanctorum.

    Secondo le leggende indigene, molte generazioni fa, il tempio venne occupato dai superstiti di una nave pirata che aveva fatto naufragio. Resti umani si trovano tuttora in uno dei sotterrane che i fuorilegge avevano usato come magazzino.

    Nessun nativo si avvicina volentieri alle rovine, che hanno fama di essere infestate da spiriti malvagi e fantasmi chiamati mauli.

    A Ponape vi sono anche altri reperti, alcuni adiacenti alla costa, altri sulla sommità delle colline, alcuni addirittura in radure al centro dell'isola; tutti però sono accomunati dal fatto di essere stati eretti in zone da cui era possibile vedere l'oceano. In una radura c'è un cumulo di pietre, che occupa una superficie di cinque o sei acri e che pare essere collocato su una base sopraelevata; intorno ad esso si notano i resti di ciò che un tempo poteva essere un fossato o un canale.

    Ai quattro angoli delle rovine, che corrispondono ai puti cardinali, i mucchi di pietre sono più alti, dal che si desume che l'edificio aveva presumibilmente forma quadrata.
    Personalmente ritengo che i resti di Ponape appartengano a una delle città principali della Madrepatria, forse una delle Sette Città sacre. È impossibile stimarne la popolazione, di certo era una città di grandi dimensioni, forse abitata da centomila persone.

    Churchward, comunque, considera Nan Madol soltanto come uno dei numerosi tasselli del mosaico che fa emergere i resti dello scomparso continente di Mu. Tra gli altri, egli cita (oltre ai resti dell'isola di Pasqua) le due enormi colonne, sormontate da un arco, dell'atollo corallino di Tonga-Tabu; le piramidi delle isole di Guam, di Tinian e dell'isola Swallow; le ciclopiche muraglie delle isole di Lele e di Kusai (sempre nelle Caroline); le muraglie delle Isole Samoa; le colonne di pietra, a forma di tronco di piramide, delle Marianne; la grande rovina sulla collina di Kuku,a 30 miglia da Hilo, nell'arcipelago delle Hawaii; i reperti delle isole Marchesi, nella Polinesia orientale; ed altri ancora.



    Pohnpei è una piccola isola: la sua superficie, compresa quella degli isolotti antistanti, misura appena 347 km, quadrati: poco più dell'isola d'Elba (244 kmq.); solo che, mentre l'Elba si trova a brevissima distanza dal continente, Pohnpei è situata in pieno Oceano Pacifico, a enormi distanze dalle terre continentali più vicine: la Nuova Guinea e l'Australia verso sud-ovest, le Filippine e l'Asia orientale verso ovest.

    Fu scoperta da navigatori portoghesi nel 1595. Passata di mano dalla Spagna alla Germania nel 1899 (che, nel 1910, represse nel sangue una dura ribellione degli indigeni); occupata dai Giapponesi nel 1914; invasa dagli Stati Uniti nel corso della seconda guerra mondiale, rimase in amministrazione fiduciaria americana a partire dal 1947, insieme alle altre isole dell'arcipelago delle Caroline.

    Il 22 dicembre 1990 il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha posto fine alla tutela degli Stati Uniti, che però, in base all'accordo di libera associazione del 1986, continuano a curare le relazioni estere e la difesa dell'arcipelago. Garbata espressione per designare la prosecuzione di un vero e proprio regime di protettorato.

    Ecco come il ricercatore tedesco Ulrich Dopatka descrive il sito di Nan Madol nel suo Dizionario UFO (titolo originale: Lexikon der Prä-Astronautik, 1979; traduzione italiana di Lucia Mengotti, Sperling & Kupfer, Milano, 1980, pp. 269-271):

    La zona delle rovine è sorprendentemente grande, si tratta di costruzioni a colonne di basalto esagonali e ottagonali (si dice che in tutto siano 400.000), disseminate su una lunghezza di oltre 24 km.; alcune superano in grandezza e in peso i blocchi della piramide di Cheope. In passato il luogo portava il nome di Soun Nal-Leng, ossia «scogliera del cielo» e le leggende della Micronesia affermano che i masi giunsero sul posto in volo. Vi sono mura alte fino a 10 m. Costituiscono un enigma le pietre da catapulta perfettamente levigate e grandi quanto un uovo di struzzo rinvenute fra le rovine, dacché in tempi storici la catapulta non fu una macchina di guerra nota ai micronesiani. Aperture praticate nel suolo immettono in camere sotterranee. La maggior parte delle costruzioni (mura, strade, canali) giace sommersa nel mare che le circonda; quindi è possibile che Nan Madol rappresenti le vestigia di una cultura del Mari del Sud, scomparsa per una catastrofica inondazione e della quale ignoriamo sia l'epoca che l'origine. Dalle prove col metodo C 14 le costruzioni e risalirebbero al 1180 d. C., ma è una data che sembra troppo recente per questa straordinaria, deserta città di pietra dove i micronesiani odierni non osano inoltrarsi per timore degli spiriti. Nelle loro leggende spesso figurano dei protagonisti giganti (kauna) e nani preistorici che vivevano sotto terra, nonché un drago esperto di magia che aveva collocato alloro posto i blocchi facendoli volare. Strana è la notizia diffusa dai giapponesi prima del 1939, i quali assicuravano di aver trovato tesori sommersi nelle acque dell'arcipelago Platin. (…) Nan Madol significa a un dipresso «luogo dello spazio», un termine ambiguo che potrebbe significare molte cose.

    Le rovine furono esplorate nel XIX secolo dal missionario J. Hale. I nativi si tramandano inoltre , nelle loro leggende, l'episodio di un'occupazione dell'isola di «uomini con la pelle così dura che li si sarebbe potuti ferire soltanto colpendoli agli occhi». Può darsi però che questo sia il ricordo di uno sbarco e di successivi scontro con i portoghesi, che nel 1595 incrociavano in queste acque, e che la «pelle dura» di cui parlano fossero semplicemente le armature che li proteggevano.

    Come vedremo fra poco, parlando della visita a Nan Madol dello scrittore inglese Oliver Sacks, le più recenti datazioni al radiocarbonio hanno permesso di spostare di molto la costruzione del complesso megalitico di Nan Madol, retrodatandola con certezza ad alcuni secoli prima dell'era cristiana; il che, sia detto per inciso, non semplifica affatto le cose, anzi infittisce il velo di mistero che circonda il sito archeologico di Pohnpei.
    Si parla anche di una complicata rete di gallerie sottomarine che, partendo dal porto di Nan Madol collegherebbero tra loro le vare isole dell'arcipelago e che condurrebbero ad altre due antiche città sommerse, costruite, in un tempo indeterminato, dagli dei, con l'aiuto di una magia in grado di sollevare in aria le grandi pietre (cfr. Valerio Zecchini, Atlantide e Mu, Demetre Editrice, Colognola ai Colli, 1998, p. 143).

    Venendo ai nostri giorni, l'isola di Pohnpei e le rovine di Nan Madol sono state visitate da un viaggiatore-scrittore come l'inglese Oliver Sacks, una specie di Herman Melville della fine del secondo millennio, che ne ha lasciato una interessante relazione.

    Ricordiamo che Oliver Sacks, nato in Gran Bretagna nel 1933 ma residente negli Stati Uniti, a New York, dal 1965, dove ha aperto uno studio neurologico, è divenuto celebre per i suoi libri che parlano delle storie cliniche e umane dei suoi pazienti; da uno di essi, Awakenings (Risvegli), è stato tratto un film interpretato da Robin Williams e Robert De Niro. (Fra parentesi, anche l'Italia potrebbe vantare un genere letterario di questo tipo, grazie alle opere di Andrea Majocchi; ma, da noi, nessun regista si è preso la briga di trarne dei film; e poi, si sa, l'erba del vicino - specie se americano - è sempre migliore della propria).

    Il viaggio alle Isole Caroline, a Guam e in altri luoghi dell'Oceano Pacifico è narrato da Oliver Sacks nel libro L'isola dei senza colore (titolo originale: The Island of the Colorblind and Cycad Island, traduzione italiana di Isabella Blum, Edizioni Adelphi, Milano, 1997, 2004, pp. 80-90), dal quale riportiamo i passaggi salienti.

    Negli anni Trenta del secolo scorso [l'Ottocento, n.b], quando Darwin viaggiava sul brigantino Beagle, esplorando le Galapagos e Tahiti, e il giovane Melville sognava i suoi futuri viaggi nei Mari del Sud, James O'Connell, un marinaio irlandese, fu abbandonato su Pohnpei, un'isola vulcanica dai rilievi imponenti. Le circostanze dell'arrivo di O' Connellsono poco chiare: nelle sue memorie egli dichiarò di aver fatto naufragio con il John Bull nei pressi di Pleasant Island fino a Pohnpei, raggiungendola in soli quattro giorno. Una volta arrivati, scriveva O'Connell, lui e i suoi compagni venero attaccati dai "cannibali" e poco mancò che fossero serviti per pranzo; riuscirono però a distogliere i nativi dai loro propositi (quanto meno così credevano) con una travolgente giga irlandese. Ma le avventure di O'Connell non erano finite; fu sottoposto a un tatuaggio rituale da una giovane pohnpeiana, che risultò figlia di un capo; poi la sposò, e divenne capo egli stesso.

    Quali che siano le esagerazioni di O'Connell (i marinai hanno la tendenza a raccontare storie, e alcuni studiosi lo considerano un mitomane), egli era comunque anche u osservatore attento e curioso. Egli fu il primo europeo a chiamare Pohnpei o Ponape con il nome indigeno (nella sua grafia, Bonabee); il primo a dare accurate descrizioni di molti riti e costumi pohnpeiani; il primo a redigere un glossario della lingua locale; infine, il primo ad aver visto le rovine di Nan Madol: i resti di una monumentale cultura risalente a duemila anni fa, ossi al mitologico keilahn aio ("l'altro lato di ieri"). L'esplorazione di Nan Madol fu il momento culminante dell'avventura pohnpeiana di O'Connell, egli descrisse le "stupende rovine" con minuziosa attenzione, fino al loro misterioso abbandono e al loro tramutarsi in luogo tabù. La vastità delle rovine e il silenzio profondo in cui erano immerse lo spaventarono fino a che, sopraffatto dall'atmosfera aliena che vi regnava, fu assalito dall'ardente «desiderio di tornare a casa». Egli non fece riferimento (probabilmente perché non le conosceva) alle altre culture megalitiche sparse per la Micronesia: le gigantesche rovine basaltiche di Kosrae, i megaliti taga di Tinian, le antiche terrazze di Palau e i massi da cinque tonnellate di Babel-daop, che portano scolpiti volti simili a quelli dell'isola di Pasqua. O'Connell tuttavia colse quel che né Cook né Bougainville (e per la verità nessuno dei grandi esploratori) avevano compreso, cioè che queste isole oceaniche primitive, con le loro culture apparentemente semplici ("culture della palma") furono un tempo sede di civiltà monumentali.

    Andammo a Nan Madol il primo giorno che passammo interamente a Pohnpei. Situata sul versante più lontano dell'isola, Nan Madol era raggiungibile più facilmente via mare. (…)

    Su tutto il pianeta non c'è nulla che somiglia a Nan Madol, questa antica costruzione megalitica (oggi abbandonata) di circa un centinaio di isole artificiali, connesse da innumerevoli canali. Non appena ci avvicinammo - ora procedendo lentamente, perché l'acqua era bassa, e i passaggi navigabili stretti - cominciammo a vedere i particolari delle mura, le enormi colonne esagonali di basalto nero, combacianti le une con le altre così bene da avere resistito alle tempeste e al mare - agli insulti devastanti di venti secoli. Scivolammo silenziosamente fra le isolette e infine approdammo sull'isola fortezza di Nan Douwas, con la recinzione di basalto alta più di otto metri, la grande cripta centrale e gli angoli destinati alla meditazione e alla preghiera.

    Pieni di curiosità, e anche indolenziti dal viaggio in barca, balzammo giù in fretta e ci fermammo sotto le mura gigantesche; stupiti, ci chiedevamo come i grandi blocchi prismatici - alcuni di certo pesavano molte tonnellate - fossero stati estratti e trasportati da Sokehs (che è dalla parte opposta di Pohnpei ed è il solo luogo nelle vicinanze da cui si estragga il basalto), e poi sistemati con tanta precisione. L'impressione di potenza e di solennità era fortissima - ci sentivamo deboli, schiacciati, sotto le mura silenziose. D'altra parte, percepivamo anche l'assurdità e la megalomania che sempre si accompagnano al monumentale (le «selvagge scelleratezze della magnanimità antica»), tutte le crudeltà e le sofferenze che l'accompagnano. Il barcaiolo ci aveva raccontato dei Saudeleur, signori dissoluti che conquistarono brutalmente Pohnpei e regnarono su Nan Madol per molti secoli, esigendo tributi sempre più estenuanti in cibo e lavoro. Viste in tale luce, le mura prendevano un aspetto diverso: sembravano trasudare il sangue e le lacrime di intere generazioni. E tuttavia, come le piramidi d'Egitto e il Colosseo, avevano una nobile solennità.

    Nan Madol è ancora pressoché sconosciuta al mondo esterno, quasi come quando O'Connell vi capitò 160 anni fa. Alla fine del diciottesimo secolo [deve trattarsi certamente di un refuso per "diciannovesimo", n. b.], essa venne studiata da alcuni archeologi tedeschi; ma solo negli ultimi anni, grazie alla datazione al radiocarbonio, che colloca gli insediamenti umani intorno al 200 a. C., si sono ottenute conoscenze più ampie e approfondire sul luogo e la sua storia. I pohnpeiani, naturalmente, hanno sempre saputo di Nan Madol - una conoscenza incastonata nel mito e nella tradizione; ma siccome quest'ultima è piena di leggende che narrano la morte prematura di chi offese gli spiriti del luogo, essi sono restii ad avvicinarsi a Nan Madol, che rimane avvolta nella sacralità e nel tabù.



    Mentre Robin ci spiegava come si svolgeva un tempo la vita nella città intorno a noi, cominciai a mentre il luogo respirare e animarsi. Là c'erano gli attracchi per le antiche canoe, diceva Robin indicando verso Pahnwi; quello è il masso dove le donne incinte andavano a strofinarsi il ventre per assicurarsi un parto facile; là (e indicava a l'isola di Idehd) si celebrava ogni anno un rito di espiazione culminante nell'offerta di una tartaruga a Nan Somwohl, la grande anguilla marina che faceva da tramite fra gli uomini e il loro dio. Là, sui Peikapw, c'era la magica pozza d'acqua nella quale i Saudeleur vedevano tutto ciò che accadeva a Pohnpei. E laggiù il grande eroe Isohkelekel, che infine aveva sbaragliato i Saudeleur, sconvolto nel vedere riflesso nell'acqua il proprio volto decrepito si annegò: una sorta di mito di Narciso capovolto.

    In definitiva, è il suo aspetto vuoto, deserto, a rendere Nan Madol tanto misteriosa. Nessuno sa quando o perché fu abbandonata. Forse la burocrazia collassò sotto il proprio peso? Fu l'avvento di Isohkelekel a metter fine al vecchio ordine, oppure gli abitanti furono falcidiati dalle malattie, dalla peste, da un cambiamento climatico, o dalla fame? O forse il livello del mare crebbe inesorabilmente fino a inghiottire le isole più basse? (Molte di esse, oggi, sono sotto il livello del mare). Si avvertiva forse un'antica maledizione, una fuga superstiziosa e incontrollata delle antiche civiltà da questi luoghi? Quando O'Connell li visitò, 160 anni fa, erano già stati abbandonati da circa due secoli. Questo mistero - l'ascesa e la caduta delle culture, le imprevedibili svolte del destino - ci rese silenziosi e riflessivi, mentre facevamo ritorno a terra…

    Non è possibile dire, allo stato presente delle nostre conoscenze, se vi sia qualche cosa di vero nelle teorie del colonnello Churchward; se, cioè, Nan Madol sia una delle vestigia del mitico continente scomparso di Mu, terra madre delle civiltà umane.

    Rimane il mistero di quel gigantesco complesso megalitico proteso tra la montagna e il mare, nel quale parzialmente si inabissa; e abbandonato, chissà in qualche epoca, in una maniera tanto repentina quanto definitiva. Altri siti archeologici anomali - come il "muro" di Bimini nelle Bahamas, per esempio; o come il complesso sommerso di Yonaguni, nelle Ryu-Kyu, scopeto solo alla fine degli anni Novanta del Novecento (che alcuni archeologi datano fra il 4.000 e l'8000 a. C., rivoluzionando tutte le nostre certezze), sembrano rinviare a una diversa distribuzione delle terre emerse in lontane epoche e, forse, alla presenza di civiltà delle quali, fino ad ora, non sappiamo praticamente nulla.


    Non resta che continuare a indagare, con mente sgombra da pregiudizi; senza scartare a priori alcuna possibilità, per una malintesa forma di ossequio verso le certezze "ufficiali" degli storici e degli archeologi.

    È già accaduto che popoli e imperi importantissimi della storia antica, come quello degli Ittiti, siano emersi praticamente dal nulla.

    È già accaduto; e, piaccia o no agli studiosi arroccati nelle proprie certezze accademiche come le ostriche al guscio, potrebbe ancora accadere.





    fonte:videomisteri.it
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    Gli Ufo coinvolti nel fallimento del missile russo Proton-M/Breeze


    Quattro UFO sono stati avvistati in occasione del lancio fallito russo del Proton-M/Breeze avvenuto il 06/07/2012, se è vero che sono stati loro a causare il fallimento allora la domanda che uno dovrebbe porsi è "perchè?".

    Ho applicato le tecniche di filtraggio ad alcuni clip, solo perché è quasi impossibile vedere qualsiasi oggetto a causa del filmato.

    video



    fonte videomisteri.
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    ECCESSIVI PRIVILEGI PER IL VATICANO

    Grazie al contributo fiscale lo Stato italiano versa più di un miliardo l'anno per pagare gli stipendi dei preti. Per i quali però bastano 361 milioni. E le altre centinaia? In un'inchiesta, tutta la verità su business e privilegi del Vaticano. Ecco un'anticipazione.

    Trentunomila e 478 euro virgola qualcosa. E' la somma che lo Stato, quindi l'intera platea dei contribuenti, ha versato nel 2010 per il mantenimento di ognuno dei 33 mila e 896 sacerdoti in servizio attivo nelle diocesi del Paese. Il totale fa un miliardo e 67 milioni di euro, l'importo del cosiddetto 8 per mille (salito nel 2011 a un miliardo, 118 milioni, 677 mila, 543 euro e 49 centesimi). E l'assegno l'ha incassato la Chiesa, attraverso la Conferenza episcopale. Che poi a ciascuno di quei preti ha girato direttamente solo 10.541 euro, un terzo di quanto ha stipato nei propri forzieri. L'espressione è un po' forte, ma i numeri sono numeri: e dicono che i vescovi fanno la cresta sullo stipendio dei loro sottoposti.
    Wojtyla, si sa, non amava granché Agostino Casaroli. Considerava il suo segretario di Stato troppo amico dei regimi comunisti dell'Est. Quasi un propagandista. E per questo si scontrava spesso con lui. Invece avrebbe dovuto fargli un monumento equestre. Perché la revisione del Concordato che Casaroli trattò con l'allora premier italiano, Bettino Craxi (in sostituzione della "congrua", il salario di Stato garantito ai parroci), è stata di gran lunga il miglior affare che la Chiesa abbia portato a casa nella sua storia più recente. Funziona così. Un po' come in un gigantesco sondaggio d'opinione, ogni anno i contribuenti, mettendo una croce sull'apposita casella nella dichiarazione dei redditi, possono indicare come beneficiaria dell'8 per mille una delle confessioni firmatarie dell'intesa con lo Stato (o scegliere invece quest'ultimo).
    Sulla base delle indicazioni effettivamente raccolte, viene poi diviso in percentuale non il solo ammontare versato da quanti hanno espresso una preferenza (il 40 per cento circa del totale), ma l'intero montepremi.
    l gruzzolo concorrono, cioè, anche i versamenti all'erario di coloro che, maggioranza assoluta, non hanno barrato un accidenti (quattrini che nella cattolicissima Spagna restano invece allo Stato). O che magari non hanno neanche mai sentito parlare del trappolone a suo tempo confezionato da Giulio Tremonti nelle vesti di consulente del governo. Il meccanismo, guarda caso, sembra ricalcato da quello scelto dai partiti per i rimborsi elettorali garantiti dal finanziamento pubblico.

    Il risultato dell'arzigogolo è facilmente intuibile. Anche perché perdere una sfida con lo Stato italiano davanti a una giuria popolare è matematicamente impossibile. Tanto più se lo stesso sedicente avversario ha stabilito regole che lo penalizzano in partenza. E ancor più se durante la gara cammina invece che correre (la Chiesa si affida a un gigante mondiale come la Saatchi & Saatchi per una martellante campagna pubblicitaria costata nel 2005 qualcosa come 9 milioni di euro, il triplo di quanto donato dai preti alle vittime dello tsunami; lo Stato risulta non pervenuto). Ma il vantaggio per la Chiesa va perfino al di là di quanto si possa intuire.

    Per quantificarlo bisogna necessariamente affidarsi a dati un po' vecchiotti, per il semplice motivo che il ministero dell'Economia fornisce le statistiche sulle scelte effettive dei contribuenti solo alle confessioni religiose ammesse al beneficio. Non è però un problema, dal momento che le percentuali variano in maniera quasi impercettibile tra un anno e l'altro.

    Dunque: nel 2004 la Chiesa è stata scelta da una minoranza pari al 34,56 per cento dei contribuenti italiani. Ma lo stesso dato, calcolato invece sulla sola platea di quanti hanno ritenuto di dare un'indicazione sull'8 per mille, l'ha fatta schizzare di colpo, e miracolosamente, a una schiacciante maggioranza dell'87,25. Ed è quest'ultima la percentuale utilizzata per ripartire l'intera torta. Che è destinata inevitabilmente a crescere. Il suo valore, infatti, si aggancia ora alla variazione del Pil, cioè alla crescita economica, ora all'aumento della pressione fiscale. Quando non ai due elementi insieme.

    Questo garantisce alla Chiesa di incassare sempre più quattrini, a prescindere dal consenso racimolato. E perfino quando questo scende in maniera vistosa. E' successo, per esempio, nelle dichiarazioni dei redditi del 2007 (incassate nel 2010: c'è uno sfasamento temporale di tre anni). Quell'anno, forse sulla scia dello scandalo pedofilia, il numero dei contribuenti che ha indicato come beneficiari Ratzinger & C. si è ridotto, secondo i calcoli degli stessi vescovi, di 95.104 unità.


    Fonte:http://sottovoce360.blogspot.com/2011/11/otto-per-mille-business-e-privilegi-del.html

    Il Vaticano dovrebbe essere riconosciuto parte dello stato italiano,è un crimine che tutti questi soldi vengano buttati via in questo modo.
    Chiesa e preti dovrebbero pagare tutte le tasse che paga ogni comune cittadino italiano,il loro ruolo lo considero troppo sopravvalutato.
  9. .
    UNA CONFRATERNITA DIETRO IL CASO ORLANDI

    La chiesa di santa Francesca Romana
    Il giallo della cittadina vaticana scomparsa 29 anni fa davanti alla centralissima basilica romana di Sant’Apollinare prosegue.
    Giacomo Galeazzi - Città del Vaticano
    «Il sequestro di Emanuela Orlandi fu il messaggio cifrato di una setta al Vaticano». Nel giallo della cittadina vaticana scomparsa 29 anni fa davanti alla centralissima basilica romana di Sant’Apollinare, spunta un esposto presentato a inizio luglio da uno studioso di antiche confraternite ad alto tasso di libertinaggio, abituate a «frammischiarsi tra uomini» e a praticare «l’eresia della carne». Talmente scandalose che nel ‘500 finivano sul rogo, commenta Fabrizio Peronaci, autore con Pietro Orlandi di «Mia sorella Emanuela» (edizioni Anordest).

    Dopo che per anni gli investigatori hanno puntato sulla banda della Magliana, al capo della procura della capitale , Giuseppe Pignatone, è arrivato un esposto che impone una rilettura dell’affaire. E che, per la prima volta, sale di livello: rimanda ai presunti mandanti. Timbro: San Giorgio a Cremano. Mittente: Antonio Goglia, 43 anni, laureato in Scienze politiche e funzionario al Comune di Napoli. Oggetto: «Determinazione della natura dei mandanti del rapimento Orlandi». La lettera, dopo 29 anni, fa luce su alcune «stranezze» dei sequestratori, i quali i primi tempi si rivolsero ai frati di Santa Francesca romana, ai Fori.

    Come nel «Codice da Vinci», il plot è intricato assai. E, per dipanarlo, occorre tornare ai giorni seguenti il 22 giugno 1983, quando la figlia del messo papale svanisce nel nulla all’uscita della scuola di musica. Ecco la sequenza: il 3 luglio Wojtyla lancia il primo appello dalla finestra dell’Angelus; il 5 in Vaticano telefona un personaggio, ribattezzato l’Amerikano (il Sisde lo riterrà «inserito nell’ambiente ecclesiastico e perfetto conoscitore del latino»), che rivendica il rapimento chiedendo lo «scambio» con Alì Agca «entro il 20 luglio»; nelle ore successive lo stesso mister X si premura di chiarire un equivoco, confermando che l’ultimatum scade il 20 e non, come scritto dai giornali, «tra venti giorni»; infine, allo scadere, si fa vivo al centralino di Santa Francesca: «Parlo con un frate? La sorte di Emanuela è appesa a un filo...». Bene, è proprio questo l’arcano. Perché il 20 luglio? Cosa rivela questa data? Nessuno, in tre decenni, lo ha considerato un indizio illuminante. E invece sì, una spiegazione potrebbe esserci.

    Basta analizzare quanto accadrà un mese e mezzo dopo... «Procuratore, sarò breve - premette lo studioso - Nel tardo pomeriggio del 4 settembre 1983 l’Amerikano telefona all’Ansa per dire che “nelle vicinanze di Santa Francesca romana il Pontefice celebra la Via Crucis” e, a domanda del giornalista, chiarisce che “la scelta della basilica è inerente il giorno della scadenza del 20 luglio”» Parole in libertà, parvero agli inquirenti. No, incalza Goglia. «Il nome della basilica e l’insistente riferimento all’ultimatum sono indicazioni cifrate dirette a certi ambienti vaticani».

    Attenzione. È qui che il giallo si avvierebbe a soluzione: il 20 luglio, per gli ecclesiastici dediti al «libertinaggio», altro non sarebbe che una sorta di giorno della memoria. «Nella seconda metà del XVI secolo presso la chiesa di San Giovanni in porta Latina - spiega la missiva - con la complicità di alcuni frati fu costituito un circolo segreto di uomini che manifestavano legami di affetto omosessuale e consacravano vincoli matrimoniali. La confraternita fu sciolta il 20 luglio 1578, dopo l’arresto di 11 persone di sesso maschile. Il processo del tribunale criminale del governatore si concluse con otto condanne per i reati di sodomia e profanazione dell’istituto matrimoniale e la pena inflitta fu l’impiccagione, eseguita il 13 agosto a ponte Sant’Angelo, con successivo rogo dei corpi».

    Possibile? I rapitori di Emanuela Orlandi proprio a quel 20 luglio alludevano? «Ritengo - deduce il detective “storiografico” - che l’Amerikano intendesse ricordare al pontefice questo aneddoto per firmare l’azione di sequestro». È troppo? Ricostruzione esorbitante? Ma, se è così, come mai non chiamarono direttamente la chiesa della setta? «Perché doveva essere, per l’appunto, un messaggio in codice - argomenta Goglia - Se l’Amerikano avesse telefonato a San Giovanni in Porta Latina, sarebbe bastata una ricerca storica per capire la matrice del sequestro. La possibilità di esercitare un ricatto, così, sarebbe venuta meno».

    fontehttp://www.tuttigliscandalidelvaticano.com
  10. .
    Dittatori in Europa: L'ascesa di Aldolf Hitler

    La democrazia occidentale nelle sue attuali caratteristiche, è una forma diluita di nazismo o fascismo. Al più è un paravento per mascherare le tendenze naziste e fasciste dell'imperialismo. Perché oggi vi è la guerra, se non per la brama della spartizione delle spoglie del mondo?
    Mohandas Gandhi

    I governi europei, mossi dall'avidità e dal desiderio di potere, hanno commesso parecchi crimini e genocidi. Hanno massacrato senza pietà milioni di nativi americani, di africani, di asiatici e di australiani. Ad esempio, gli Herero della Namibia vennero avvelenati o impiccati dalle autorità della Germania imperiale, che li considerava "bestie". Gli inglesi fecero lo stesso con molte popolazioni africane ed asiatiche, non esitando a torturare, a violentare e ad umiliare gli indigeni. I campi di concentramento, con tutte le loro mostruosità, nacquero alla fine del XIX secolo, e si moltiplicarono segretamente durante tutte le guerre.

    I crimini commessi da Hitler avevano tratto ispirazione da progetti criminali già realizzati da inglesi e americani. Per molti anni ci hanno fatto credere che il nazismo fosse dovuto a ragioni storiche non prevedibili, e che le responsabilità dei crimini nazisti e della guerra fossero esclusivamente sulle spalle di Hitler e dei gerarchi nazisti. Oggi è possibile provare che l'ascesa al potere di Hitler e la successiva preparazione alla guerra furono organizzate e finanziate dall'élite economico-finanziaria britannica e americana.
    Nel giro di pochi anni, meno di venti anni, la Germania , uscita da una terribile sconfitta e con un debito di guerra colossale, diventò uno dei più ricchi e forti paesi europei. Dall'ascesa di Hitler, in soli sette anni, la Germania diventò in grado di sfidare militarmente una grande potenza mondiale come la Gran Bretagna. Senza aiuti da parte della grande finanza e delle grandi Corporation questo non sarebbe certamente stato possibile. L'aiuto della grande finanza americana giunse anche per evitare che in Germania si affermasse un governo social-comunista.

    I partiti social-comunisti tedeschi erano fra i più forti in Europa, e la classe operaia tedesca era assai determinata. I sindacati avevano centinaia di migliaia di iscritti. Gli operai tedeschi avevano una chiara coscienza dei loro diritti, e sapevano come poterli difendere. Ad esempio, nel 1922, gli operai delle officine Krupp, rifiutarono l'offerta di acquistare delle azioni, e motivarono la loro scelta dicendo: "L'introduzione di queste azioni non può che nuocere agli operai... lo spirito di solidarietà, che solo può assicurare l'avvenire delle classi lavoratrici, sarebbe considerevolmente indebolito dal fatto che alcuni operai si trovino ad avere gli stessi interessi dei padroni."[1]

    Negli anni Trenta, il partito comunista e la socialdemocrazia erano la forza più potente della Germania. Alle elezioni del 1930, il partito di Hitler ebbe sei milioni e mezzo di voti, mentre il partito comunista ottenne 4 milioni e mezzo di voti e la socialdemocrazia 8 milioni e mezzo. I due partiti (socialdemocrazia e partito comunista) se messi insieme avrebbero potuto facilmente sconfiggere il nazismo. Ciò nonostante, nel 1933, Hitler giunse al potere, e si vantò di averlo fatto "senza rompere un vetro". Ciò accadde perché gli stalinisti tedeschi preferirono allearsi segretamente con i nazisti, per far cadere il governo socialdemocratico. Uno dei comunisti tedeschi, Jan Valtin, raccontò:

    “Fu un’alleanza bizzarra, mai proclamata ufficialmente, né riconosciuta dalla burocrazia rossa né da quella marrone, ma comunque un fatto orribile. Molti dei militanti di base del partito resistettero ostinatamente; troppo disciplinati per denunciare apertamente il comitato centrale, essi intrapresero una silenziosa campagna di resistenza passiva, se non di sabotaggio. Tuttavia gli elementi comunisti più attivi e fedeli, io fra loro, andarono oltre con energia per trasformare quest’ultimo Parteibefehl [ordine del partito] in azione. Si concordarono tregue temporanee e unione delle forze da parte dei seguaci di Stalin e di Hitler allorquando scorgevano l’occasione di fare irruzione e interrompere assemblee e manifestazioni del fronte democratico. Durante il solo 1931, partecipai a decine di queste imprese terroristiche d’intesa con i più feroci elementi nazisti. Io e i miei compagni seguivamo semplicemente gli ordini del partito. Descrivo di seguito alcune di queste imprese per qualificare questa alleanza Dimitrov-Hitler e per illustrare ciò che stava accadendo per tutta la Germania in quel periodo.
    Nella primavera del 1931, il sindacato socialista dei trasporti aveva indetto un’assemblea dei delegati navali e portuali di tutti i principali porti della Germania occidentale. Il congresso si svolse nella Camera del Lavoro di Brema. Era aperto al pubblico e i lavoratori furono invitati ad ascoltarne lo svolgimento. Il partito comunista mandò un messaggero alla sede del partito nazista, con la proposta di sabotare insieme la conferenza sindacale. Gli uomini di Hitler acconsentirono, come facevano sempre in quei casi. Quando si aprì il congresso, le gallerie erano piene di due o trecento comunisti e nazisti. Io ero responsabile dell’operazione per il partito comunista e un turbolento capo squadrista, di nome Walter Tidow, per i nazisti. In meno di due minuti, ci eravamo accordati per il piano di azione. Appena la conferenza dei socialdemocratici fu ben avviata, mi alzai e lanciai uno sproloquio dalla galleria. Dall’altra parte della sala Tidow fece la stessa cosa. I delegati sindacali rimasero all’inizio senza parole. Poi il relatore diede ordine di cacciare i due facinorosi, io e Tidow, dal palazzo. Ci sedemmo tranquilli, guardando con derisione le squadre di grossi sindacalisti avanzare verso di noi con l’intenzione di cacciarci fuori. Ci rifiutammo di spostarci. Appena il primo delegato sindacale ci toccò, i nostri seguaci si alzarono e scoppiò un pandemonio. I mobili vennero distrutti, i partecipanti picchiati, la sala trasformata in un mattatoio. Raggiungemmo la strada e ci sparpagliammo prima che arrivassero le ambulanze e i Rollkommandos della polizia. Il giorno dopo, sia la stampa nazista che quella del nostro partito raccontarono in prima pagina di come i lavoratori ‘socialisti’, esasperati dalle ‘macchinazioni’ dei propri leader corrotti, avevano dato loro una bella “strigliata proletaria.[2]
    Grazie a queste strategie, gli operai tedeschi si trovarono soggetti al potere nazista. Salito al potere, Hitler distrusse tutte le organizzazioni operaie. Coloro che avevano difeso gli ideali comunisti e socialdemocratici finirono nei campi di concentramento. Gli stalinisti avevano visto nella socialdemocrazia un pericolo maggiore del nazismo, e avevano rinunciato a difendere gli interessi degli operai in nome di un presunto pericolo che si instaurasse la "democrazia borghese". Fu così che nel gennaio del 1933 Hitler poté impadronirsi del potere in un paese che aveva il partito comunista più forte in Europa dopo quello russo. Stalin e i suoi compari avevano tradito anche gli operai tedeschi.

    Chi era davvero Hitler e perché proprio lui è stato messo al potere?
    La "missione" di Hitler inizia nel 1919, quando venne incaricato dall'esercito di controllare e spiare l'operato dei socialisti e dei comunisti. L'incarico gli venne dato grazie alla raccomandazione di un suo vecchio amico, Ernst Ròhm, un soldato di ventura che godeva della simpatia degli ufficiali grazie alla sua abilità di arruolare giovani tedeschi nelle S.A. Egli venne assunto nel reparto detto "di chiarimento", che aveva l'incarico di controllare l'attività dei gruppi politici radicali, in particolare comunisti e socialisti. In questa sua "attività" incontrò Anton Drexler che lo inviterà ad unirsi al Partito dei lavoratori tedeschi, che, nonostante la denominazione, era un gruppo che si opponeva e cercava di contrastare il potere delle classi inferiori. La sua ambizione lo spingerà ad aderire. Successivamente scriverà:

    “Io non avevo l’intenzione di iscrivermi a un partito già costituito, desiderando fondarne uno per conto mio... Io ero povero, senza mezzi. E se ciò era forse la cosa più lieve da sopportare, più grave però era il fatto che appartenevo al gregge degli anonimi, a quei milioni di individui che il destino lascia vivere e poi richiama dalla vita, senza che la loro esistenza sia comunque presa in considerazione da qualcuno. S’aggiunga a ciò la difficoltà che nasceva dalla mia mancanza di istruzione scolastica. Dopo due giorni di tormentosi pensieri, giunsi finalmente alla convinzione che quel passo era necessario. Fu questa la decisione più importante della mia vita. Da quel momento, io non potevo più tornare indietro”.[3]
    Hitler mostrerà eccellenti capacità organizzative e di propaganda. Il suo primo discorso in pubblico lo esaltò: "Parlai per trenta minuti. E ciò che prima era una semplice convinzione mai controllata, divenne ora una realtà: sapevo parlare in pubblico!”[4] Da allora le sue energie saranno utilizzate per accrescere questa abilità.
    Secondo Dietrich Eckart,[5] Adolf Hitler era l'uomo giusto per imporre alla Germania il potere dell'élite ricca, che avrebbe dominato occultamente:

    “Abbiamo bisogno di un camerata che ci sia Capo... un camerata che sappia sopportare il crepitio della mitragliatrice. La plebaglia ha bisogno di sentire la paura, tanto da farsela sotto. Non possiamo servirci di un ufficiale, perché il popolo non rispetta più gli ufficiali. La migliore soluzione sarebbe un operaio che sappia parlare... A costui non occorrerebbe molto cervello... E dovrebbe essere scapolo, così potremmo avere dalla nostra le donne”.[6]
    Secondo lo storico Emil Ludwig Fackenheim, Hitler era semplicemente un attore:

    “Non credo che conoscesse la differenza fra recitare e credere... prima dei comizi, Hitler si atteggiava di fronte allo specchio. Era un uomo che veniva considerato un signor nessuno quando nella vita privata si trovava in compagnia di persone qualsiasi, soprattutto donne. Diventava un dio davanti alle masse. L’Hitler pubblico, era una creazione a cui collaboravano insieme l’attore e l’uditorio... Ovviamente è sconvolgente pensare che sei milioni di ebrei siano stati assassinati a causa di un attore”.[7]
    Si trattava semplicemente di recitare la parte del personaggio capace di incantare le masse per soggiogarle. Hitler era caratterizzato da un'enorme ambizione, che si era alimentata nel tempo a causa delle frustrazioni che aveva subito nelle attività in cui si era cimentato.
    Anche l'antisemitismo era per Hitler un modo per attrarre consensi. In seguito alla pubblicazione del libro di Henry Ford The international Jew (L’ebreo internazionale, 1921), l'antisemitismo aveva fatto presa su molti tedeschi. Il libro venne stampato in mezzo milione di copie e tradotto in sedici lingue. Nella pubblicazione, Ford sosteneva che "il potere del parassita ebreo è costantemente aumentato. Il pericolo ebraico, che oggi si chiama sionismo, minaccia non solo una nazione, ma tutta l'umanità".

    Il libro fu la bibbia di tutti gli antisemiti, compreso Hitler. L'antisemitismo era molto radicato nella cultura europea e americana. Ad esempio, il presidente George Washington aveva messo in guardia più volte sul "pericolo ebraico": "Essi [gli ebrei] lavorano più efficacemente contro di noi delle armate nemiche. Essi sono cento volte più pericolosi per le nostre libertà e per la grande causa in cui siamo impegnati ... Ciò di cui dobbiamo biasimarci più di tutto è che ogni stato, già da tempo, non li ha messi alle strette in quanto flagelli della società e più grandi nemici che abbiamo per la felicità dell’America".[8]

    Sempre più intellettuali, giornalisti e persone comuni europee e americane, in seguito a massicce campagne denigratorie, furono propensi a vedere negli ebrei un "pericolo" per il mondo. Gli ebrei venivano descritti dalla propaganda antisemita come avidi, crudeli, e capaci di ordire complotti segreti. Iniziarono a circolare vignette che li rappresentavano come mostri orrendi e ributtanti. Hitler non aveva creato l'antisemitismo, ma lo aveva ripreso dai personaggi che egli ammirava, per riproporlo in modo vigoroso. Egli considerava Ford come una grande persona, e teneva una sua foto nel suo studio.
    Secondo alcuni studiosi, Hitler fu mentalmente fuorviato anche nelle rischiose operazioni belliche che intraprese. Come raccontò Joachin Von Ribbentrop a Norimberga, Hitler e i gerarchi nazisti (lui compreso) erano convinti che l'accordo con l'Urss (Molotov-Ribbentrop) avrebbe permesso alla Germania di espandersi senza rischiare alcuna guerra con la Francia e l'Inghilterra. Quando invece la guerra scoppiò, Hitler esclamò "e adesso?".

    L'élite ricca inglese e americana aveva aiutato Hitler a salire al potere e ad armarsi. I piani economici e finanziari della Germania nazista non erano sotto la supervisione di Hitler, ma quest'ultimo riceveva ordini dai proprietari delle banche e delle grandi imprese presenti in Germania.
    Peter Calvocoressi, Procuratore a Norimberga, affermò: "Gli industriali erano il motore dello Stato tedesco. Il vero asse portante della Germania non erano le forze armate, o almeno non solo loro, bensì la potenza industriale e finanziaria. Senza di essa non ci sarebbe stato nessun esercito".
    Il compito di Hitler era, per così dire, "tecnico" e di apparenza. Cioè doveva convincere il popolo che il nazismo sarebbe stato provvidenziale per la Germania , e che soltanto un regime così "forte" avrebbe potuto far uscire il Paese dalla miseria, che si era aggravata in seguito al crollo finanziario del 1929. Il gerarca Joachin Von Ribbentrop dirà a Norimberga:

    “La nostra intenzione era quella di salvaguardare le più elementari condizioni per la nostra sussistenza. Esattamente come l'Inghilterra aveva difeso i suoi interessi e assoggettato un quinto della superficie mondiale. Per non parlare degli Usa, che avevano sottomesso un intero continente, e della Russia, che aveva posto sotto la propria egemonia la più grande massa continentale esistente sulla terra.La povertà e la disoccupazione furono i cavalli di battaglia della propaganda nazista, e permisero a Hitler di proporre un progetto di ampia statalizzazione, analogo a quello realizzato in Italia e nell'Urss”.[9]
    L'abilità oratoria permetterà a Hitler di convincere la maggior parte della popolazione, che si affidò a lui per la disperazione. Egli venne scelto soprattutto per le sue capacità di catturare e convincere le masse. Così lo descriveva il luogotenente nazista Martin Bormann:

    “Hitler è capace di tenere alla sua mercé coloro che comprendono il tedesco. Questa voce, talvolta dolce, profonda, calda, diventa a suo piacimento rauca, veemente fino all’urlo, all’isteria selvaggia, e imprecatoria. Non ha bisogno di lezioni neanche per conoscere il potere della sua voce e della sua parola... questa predicazione che infiamma le folle come una torcia ... è la voce degli uomini eccezionali di cui Dio ha fatto, nei suoi segreti disegni, dei medium, dei guru, incaricati di cambiare la storia degli uomini”.[10]
    Anche il crollo di Wall Street del 1929, doveva contribuire all'ascesa di Hitler. La grande finanza americana aveva il potere di condizionare la borsa e di creare una crisi che mettesse in pericolo gli equilibri europei. Dopo la Prima guerra mondiale, i banchieri di Wall Street alimentarono una grande fiducia nel mercato e indussero molti alla speculazione. Improvvisamente ritirarono i crediti, generando insicurezza e panico. Gli investitori furono trascinati nell'impeto delle svendite disperate, e le azioni crollarono oltre il valore reale delle imprese.
    Emile Moreau, governatore della banca di Francia, scriveva nel suo diario l'8 febbraio del 1928: "Le banche avevano ritirato improvvisamente dal mercato diciottomila milioni di dollari, cancellando le aperture di credito e chiedendone la restituzione".[11] Nel giugno del 1929, a causa di queste politiche bancarie, l'economia si bloccò, e ciò non poteva non riguardare anche il mercato borsistico. Prima o poi sarebbe scoppiata una grave crisi, proprio come accadde il 29 ottobre del 1929.

    Con il sopraggiungere della povertà e della disoccupazione, i consumi calarono, così come le produzioni. Molte industrie e piccole banche fallirono, ma i milioni di dollari "bruciati" non erano certo spariti: stavano nelle casse delle grandi banche che avevano indotto la crisi. E proprio queste banche avrebbero rilevato le imprese e le banche fallite.
    I grandi finanzieri di Wall Street avevano così ottenuto molteplici risultati. Si erano appropriati di parecchi beni: case, fabbriche, piccole banche ecc.., mentre ovunque aumentò la disoccupazione. In Germania la crisi fu talmente grave da accrescere oltremodo le adesioni al nazismo.

    Nella campagna elettorale del 1932, Hitler puntò alla lotta contro la disoccupazione e alla partecipazione statale nell'economia. Con questi temi riuscì ad ingannare le masse di lavoratori disperati. Il partito nazista diventò il primo partito della Germania, e nel gennaio del 1933 Hitler diventò cancelliere. Hindenburg aveva subito forti pressioni, che lo avevano indotto ad affidare il governo a Hitler. Era l'élite tedesca (i Krupp, i Siemens, i Thyssen ecc.), sostenuta da quella anglo-americana, a desiderare che il nazismo prendesse il potere.

    Le banche e le imprese americane si sarebbero dichiarate "neutrali", e avrebbero ricavato parecchi vantaggi dalla sanguinosa guerra, che avrebbe indebolito gli imperi europei e rafforzato l'impero americano. Molte imprese americane, durante la guerra, schiavizzarono i prigionieri, costringendoli a "morire di lavoro". I sopravvissuti raccontarono cose agghiaccianti. Ad esempio, Alexander Samila, un ucraino imprigionato alla fine del '43, raccontò: "Si scavava, si martellava, si brillavano mine ininterrottamente. Le luci non erano mai spente nei tunnel. Per ogni anche piccola mancanza i detenuti erano bastonati brutalmente. Tentavamo di dormire all’interno delle gallerie, ma non ci riuscivamo perché c’era sempre qualcuno che urlava. Ogni punizione consisteva in 25 colpi inferti con un manganello di gomma. A me, per fortuna, è toccato in tutto solo sette volte". Ewald Hanstein, sopravvissuto a tre campi di concentramento, fra i quali Auschwitz, disse: "Ma per me Dora è stato il peggiore dei lager. Uccidevano la gente col lavoro. Chi non ce la faceva più a lavorare, finiva nel crematorio. Ci tormentavano finché crollavamo. Per esempio: c’era pochissima acqua. Qualche volta ci davano aringhe salate da mangiare e noi avevamo una sete terribile. C’era una sola fontanella per tutti i detenuti, e per lo più non ci si riusciva neppure ad avvicinare. Chi ce la faceva, beveva troppo e gli veniva la dissenteria".[12]

    La Ford , anche dopo l'entrata in guerra degli Usa, continuò a produrre materiale bellico, che sarebbe stato utilizzato contro gli americani. Gli americani, durante la guerra, non bombardarono mai le fabbriche americane in Germania. Le industrie Ford si valsero ampiamente di manodopera coatta dei prigionieri nei lager. Uno dei tanti lavoratori forzati, Johannes Van Weeszenberg, raccontò:

    “Noi dicevamo 'è tutta una barzelletta', qui si producono gli autocarri con cui vengono colpiti gli americani, proprio così, eppure non ci bombardano mai. Del resto, si capisce, gli americani non sono mica tanto scemi da distruggere le loro stesse fabbriche”.[13]
    L'Ibm offrì a Hitler assistenza tecnica per i lavori forzati e per i programmi di sterminio. Grazie alle tabulatrici di Hollerith, che erano le antenate dei calcolatori, venne immagazzinata una quantità enorme di dati. Un lavoratore anonimo scrisse in una lettera: "L'Ibm è un mostro internazionale...come i nazisti".[14] Il giornalista investigativo Edwin Black, nel libro L'Ibm e l'olocausto, documenta la stretta collaborazione fra la grande Corporation americana e la Germania di Hitler. Black riesce a provare che l'allora presidente dell’International Business Machines, Thomas Watson, collaborò col governo nazista fin dall'inizio. Egli aiutò i nazisti nell'opera di classificazione degli ebrei per finalità razziste. La filiale tedesca dell'Ibm prese il nome tedesco di Dehomag (Deutsche Hollerith Maschinen Gesellschaft), per poter operare anche durante la guerra. Watson, nel 1933, fornirà la tecnologia necessaria per il primo censimento del nazismo, a cui ne seguiranno altri più perfezionati, anche negli anni di guerra.

    L'intera popolazione sarà schedata, in modo da poter identificare gli ebrei e differenziare anche altre categorie, ad esempio, i soggetti che avevano sposato ebrei, gli ebrei che avevano combattuto durante la Prima guerra mondiale, la percentuale di sangue ebraico, ecc. La tecnologia dell'Ibm permetterà una maggiore efficienza dell'industria bellica, e una migliore organizzazione dei trasporti. Black sostiene che l'aiuto della Ibm fu fondamentale per realizzare l'olocausto degli ebrei e per ottenere i migliori risultati nello sterminio dei soggetti ritenuti indegni di vivere (zingari, disabili, mendicanti, ecc.). Watson era talmente vicino ai nazisti che, nel 1936, ricevette la "Croce al merito dell'aquila tedesca", la più alta onorificenza nazista che si poteva offrire ad uno straniero.

    Dopo lo scoppio della guerra, la Dehomag aprì nuove filiali nei territori conquistati (Austria, Polonia, Cecoslovacchia ecc.), per attuare nuovi censimenti. Addirittura, l'Ibm, con rapidità ed efficienza, istituì nuove filiali nei territori che verranno occupati in seguito, anticipando le mosse della Wehrmacht. In tal modo i governi nazisti locali potevano da subito smascherare gli ebrei e deportarli. Questa realtà agghiacciante è stata inoppugnabilmente provata da Black.
    Alla fine della guerra, l'Ibm potrà festeggiare una doppia vittoria: oltre agli enormi profitti maturati prima e durante la guerra, sarà considerata dagli Alleati una vittima dell'esproprio nazista, e potrà recuperare tutte le proprie macchine. Secondo Black il movente principale della Ibm era il profitto:

    “La sede di New York era pienamente a conoscenza di quanto stava accadendo nel Terzo Reich... che i macchinari erano abitualmente utilizzati nei campi di concentramento, e sapevano anche dello sterminio degli ebrei... non ebbe mai nulla a che vedere con il nazismo... ma solo e sempre con il profitto”.[15]
    Altre ricerche provano che americani e inglesi parteciparono attivamente all'uccisione di ebrei e di altri prigionieri nei lager. Richard Breitman,[16] docente di storia all'American University di Washington, ha analizzato i documenti di guerra resi pubblici nel 1996 dalla National Security Agency statunitense, che li aveva ottenuti da Londra nel 1984. Sulla base di questi documenti, Breitman sostiene che il governo della Gran Bretagna e quello degli Stati Uniti erano perfettamente al corrente di ciò che stava accadendo in Polonia e in altri luoghi. Dal 1941, erano state intercettate e decriptate parecchie notizie sui massacri di decine di migliaia di ebrei in Polonia, Lituania, Ucraina. Churchill venne a conoscenza di queste informazioni, che rimasero all'interno del SIS. Fino al 1942, sia gli inglesi che gli americani non denunceranno alcuna atrocità contro minoranze e contro il popolo ebraico, ma parleranno in modo generico di atrocità e violenze sulle popolazioni dei territori occupati. All'inizio del 1943, la Bbc iniziò a parlare di "soluzione finale" progettata dai nazisti contro gli ebrei. Cominciarono a circolare descrizioni dei ghetti e dei campi di sterminio, e storie di fucilazioni di massa.

    Se si uniscono le ricerche di Breitman a quelle di Black, si comprende come gli anglo-americani non si siano limitati a non contrastare direttamente i crimini nazisti contro le minoranze e gli ebrei, ma abbiano collaborato attivamente con le autorità naziste ad attuare crimini. Tutte le grandi Corporation che operarono in Germania si macchiarono di orrendi crimini. Ad esempio, la famiglia Bush accrebbe notevolmente la propria ricchezza grazie a Hitler e ai suoi lager. Prescott Bush, nonno di George Bush junior, installò una fabbrica a Oswiecim (vicino ai campi di Auschwitz), dove lavorarono, ridotti in schiavitù, i prigionieri di Auschwitz. Prescott fece grandi affari col regime nazista. Anche dopo l'entrata in guerra degli Usa, nonostante fosse illegale, continuò a produrre per la Germania , creando imprese internazionali e società per il riciclaggio del denaro sporco, come la Consolidated Silesian Steel Company e l'Overby Development Company. Nel 2001, dagli archivi olandesi, sono emersi documenti che hanno portato alla luce i traffici di Prescott Bush.[17] C'era una rete di riciclaggio del denaro sporco, che aveva l'appoggio del finanziere Fritz Thyssen, proprietario di banche in Olanda, in Germania e negli Usa. Il denaro veniva trasferito dalla Germania (all’August Thyssen Bank di Berlino), per l'Olanda (tramite Bank voor Handel che si trovava nei Paesi Bassi) e giungeva negli Usa, presso l’Union Banking Corporation di New York.

    Nel 1922, il magnate delle ferrovie Averell W. Harriman incontrò a Berlino la famiglia dei banchieri tedeschi Thyssen, per proporre la fondazione di una banca germano-statunitense. L'idea si concretizzò nel 1924, con la nascita della Union Banking Corporation (Ubc). La presidenza venne assunta da George Herbert Walker, suocero di Prescott Bush. La Ubc riceveva dai Paesi Bassi i soldi ricavati dalle attività a sostegno del potere nazista e dalla guerra, e li rinviava alla Brown Brothers Harriman. Il capitale nazista arrivava quindi negli Usa tramite l'Olanda. Prescott Bush, nel 1926, fu presidente e azionista della Ubc, ed era socio della Brown Brothers Harriman, che ebbero entrambe un ruolo importante nel finanziare l'ascesa di Hitler. Thyssen, nel 1931, era diventato uno degli uomini più potenti del nazismo. Nel 1926 il finanziere americano Clarence Dillon, uno degli uomini più importanti di Wall Street, si associò con Fritz Thyssen, dando vita a un consorzio nel settore dell’industria dell’acciaio, la German Steel Trust. Il consorzio si sviluppò a tal punto da diventare una fonte di ricchezza necessaria allo sviluppo della Germania nazista. Il gruppo Thyssen (Thyssen-Bornemisza Group, Tbg) è a tutt'oggi il maggiore conglomerato industriale della Germania, è talmente ricco che ha assorbito molte altre società, ad esempio quella della famiglia Krupp. Oggi sappiamo come i Thyssen abbiano potuto diventare così ricchi.

    Prescott fu molto vicino al banchiere Fritz Thyssen e al magnate dell'acciaio Clarence Dillon. Spiega l'economista americano Victor Thorn:

    “ La Ubc divenne la via segreta per la protezione del capitale nazista che usciva dalla Germania verso gli USA, passando per i Paesi Bassi. Quando i nazisti avevano bisogno di rinnovare le loro provviste, la Brown Brothers Harriman rimandava i loro fondi direttamente in Germania... Una parte importante dei fondamenti finanziari della famiglia Bush fu costituita tramite il loro aiuto ad Adolf Hitler. L'attuale presidente degli Stati Uniti, così come suo padre (ex-direttore della Cia...), raggiunse il vertice della gerarchia politica statunitense poiché suo nonno, suo padre e la sua famiglia politica aiutarono e incoraggiarono i nazisti”.[18]
    Webster Tarpley e Anton Chaitkin, autori di George Bush: Biografia non autorizzata, sostengono che "sono stati i banchieri di Wall Street (fra gli altri) i finanziatori occulti di quella folgorante ascesa al potere. La famiglia del nostro attuale presidente faceva parte di coloro che finanziarono la macchina bellica nazista, ricavandone enormi guadagni... Una parte importante delle origini finanziarie della famiglia Bush si è costituita grazie al suo appoggio ed il suo aiuto ad Adolf Hitler."[19]
    Tarpley e Chaitkin scrivono che "la grande crisi finanziaria del 1929 -1931 scosse l’America, la Germania e la Gran Bretagna rendendo deboli i loro rispettivi governi. Inoltre rese più diligente Prescott Bush, più desideroso di fare quanto necessario per preservare il suo privilegiato posto nel mondo. Durante quella crisi alcuni anglo - nordamericani danarosi sostennero l’instaurazione del regime di Hitler nella Germania".[20]

    Nel 1979, il barone Hans Heinrich Thyssen-Bornemisza (nipote di Fritz Thyssen) scrisse un opuscolo dal titolo "La storia della famiglia Thyssen e loro attività", in cui ammise il ruolo importante svolto dalla sua famiglia nel rafforzare il potere nazista:

    “Così, all'inizio della II G.M. la Banca voor Handel en Scheepvaart - una ditta olandese il cui unico azionista era un cittadino ungherese - era diventata la holding delle società di mio padre. Prima del 1929 egli deteneva le quote della Banca August Thyssen, ed anche sussidiarie americane e la Union Banking Corporation di New York. Le azioni di tutte le affiliate [nel 1945] erano nella Banca August Thyssen nel settore orientale di Berlino, da dove riuscii a farle trasferire in occidente all'ultimo momento...Dopo la guerra il governo olandese ordinò un'indagine sulla situazione legale della società holding e, in attesa del risultato, nominai un olandese ex direttore generale di mio padre che si era rivoltato contro la nostra famiglia. In quello stesso anno, il 1947, ritornai in Germania per la prima volta dopo la guerra, travestito da autista olandese in uniforme militare, per stabilire i contatti con i nostri dirigenti tedeschi... La situazione del gruppo cominciò gradualmente ad essere risolta ma non fu prima del 1955 che le società tedesche vennero liberate dal controllo alleato ed in seguito rilasciate. Fortunatamente le società del gruppo soffrirono poco dallo smembramento. Infine, fummo nella posizione di concentrarci su problemi puramente economici – la ricostruzione ed ampliamento delle società e l'espansione dell'organizzazione...
    Il dipartimento creditizio della Banca voor Handel en Scheepvaart, che funzionava anche come società holding del gruppo, si fuse nel 1970 con la Nederlandse Credietbank N.V. che aumentò il suo capitale. Il gruppo ricevette il 25%. La Chase Manhattan Bank detiene il 31%. Per la nuova società holding venne scelto il nome di Thyssen-Bornemisza Group.[21]
    Molte altre società e banche americane finanziarono Hitler, come la Chase Bank dei Rockefeller. Alla Deutsche Bank (controllata dai Rockefeller), dal 1940 al 1945, fu direttore Hermann Joseph Abs, un fervente sostenitore del nazismo. Abs fece parte dell'amministrazione di industrie che basavano i loro profitti sulla guerra e sul lavoro forzato dei prigionieri nel campo di sterminio di Auschwitz.[22] Fino agli anni Cinquanta, fu responsabile della filiale svizzera della Deutsche Bank, Alfred Kurzmeyer, detto anche "Banchiere dell'Olocausto". Grazie a lui la Deutsche Bank prevalse. I suoi pochi scrupoli avevano permesso alla DB di incassare denaro e oro di dubbia provenienza, che dopo molti anni si scoprirà essere appartenuti alle vittime del nazismo morte nei campi di sterminio. Si trattava di almeno 300 chili di oro, che comprendevano anche i denti d'oro estratti ai prigionieri. La stessa banca aveva finanziato la costruzione del campo di Auschwitz e lo stabilimento BUNA, dove si produceva gomma per pneumatici, e dove, successivamente, si iniziò ad arricchire l'uranio per la bomba atomica.[23] Anche il progetto nazista di sterminio ebbe sostegno da parte dell'élite finanziaria americana.

    Durante il periodo nazista, le grandi famiglie di banchieri, i Rockefeller[24], i Warburg e gli Harriman, sostennero finanziariamente le ricerche eugenetiche. Gli istituti, diretti dallo psichiatra fascista Ernst Rudin, sostennero l'idea che alcune persone erano geneticamente "nocive" perché inferiori oppure portatrici di "tare ereditarie", e per questo andavano sterilizzate oppure uccise. Rudin diventò capo della Società di Igiene Razziale e poté creare uno staff per stilare leggi a protezione della razza. Nel 1933 creò una legge sulla sterilizzazione dei soggetti "inferiori". La legge venne considerata importante e pubblicata con la firma di Hitler sulla rivista americana "Eugenical News", del settembre 1933. Il centro degli studi eugenetici era a New York. Nel 1932, si tenne a New York il Congresso Internazionale di eugenetica, in cui si affrontò il problema su come "eliminare le stirpi peggiori", cioè i neri, i gialli e gli ebrei.

    La legge elaborata da Rudin nella Germania nazista traeva ispirazione dalle precedenti leggi americane, e si reggeva sull'idea centrale che alcuni gruppi genetici fossero da sterminare. Si trattava di attuare genocidi, con l'idea di dover "purificare la razza".

    Anche James Forrestal, un miliardario che apparteneva al mondo degli affari di Wall Street, ebbe stretti rapporti con la Germania di Hitler. Egli fu, dal 1938, presidente della banca di investimenti Dillon and Read, che aveva finanziato generosamente l'ascesa di Hitler al potere. Nel periodo 1925-1930, la Dillon and Read aveva finanziato con decine di milioni di dollari le acciaierie August Thyssen, la Rhein-Elbe Union , la Vereinigte Stahlwerke , la Ruhr-Gas , la Siemens , la Gelsenkirchener Bergwerks e la Ruhrchemie. Insieme ad altri istituti di credito, la Dillon and Read aveva rimesso in piedi le finanze tedesche. Prima della guerra, la finanza americana aveva investito miliardi in Germania. Allo scoppio della seconda guerra mondiale, James Forrestal diventò presidente della filiale americana del colosso chimico tedesco I. G. Farben (Interessengemeinscheft Farbenindustrie), la General Aniline and Film Corporation. La General Aniline riforniva la Germania di prodotti chimici essenziali per proseguire la guerra, facendoli partire dall'America del Sud. Quando gli Stati Uniti entrarono in guerra, Forrestal ebbe il ministero della Marina. Egli, in accordo col presidente Roosevelt e insieme al Council on Foreign Relations, aveva preparato il piano per l'egemonia mondiale degli Usa. Molti storici ritengono che Forrestal ebbe un ruolo di primo piano nell'istituire rapporti economici con l'industria tedesca, come parte di un piano molto più vasto, da realizzare con una grande guerra.

    Nel 1947, Forrestal assunse il Ministero della Difesa, e chiamò nel Ministero Howard Peterson, che era stato l'avvocato della I.G. Farben negli Stati Uniti fino all'inizio del conflitto, e William Draper, vice presidente della banca Dillon and Read. Draper pianificò la politica economica degli Stati Uniti nella Germania occupata, curandosi di ripristinare le vecchie strutture. Peterson ebbe l'incarico di designare i magistrati americani nel processo di Norimberga, destinati a giudicare gli industriali tedeschi che avevano appoggiato Hitler.[25]
    Prima della guerra, il nazismo era considerato dagli anglo-americani come un sistema politico "moderato", che garantiva la repressione dei lavoratori. Nel 1937, il Dipartimento di Stato americano scriveva: "(il fascismo europeo) Deve vincere, altrimenti le masse, alle quali questa volta si aggiungeranno le classi medie deluse, si rivolgeranno di nuovo alla sinistra".[26]

    Nel 1938, Roosevelt approvò gli accordi di Monaco che dividevano la Cecoslovacchia. Il suo confidente Sumner Welles disse che "(gli accordi) offrono alle nazioni l'opportunità di instaurare un nuovo ordine mondiale basato sulla giustizia e sulla legalità".[27]
    La Gran Bretagna ebbe con la Germania nazista rapporti commerciali, industriali e finanziari molto stretti, fino al 1939.
    La finanza inglese, come quella americana, metteva al di sopra di tutto, anche della sicurezza nazionale ed europea, le speculazioni. A partire dal 1920, i grandi e potenti gruppi economici, come la Banca J. P. Morgan & Co., sovvenzionarono l'economia e la politica tedesca. Montagu Norman, governatore della Banca d'Inghilterra, e George L. Harrison, capo della Federal Reserve, iniziarono un serrato controllo dell'economia di molti paesi europei, col pretesto di dover "stabilizzare le politiche nazionali".[28]

    L'élite finanziaria sosteneva e rafforzava i governi compiacenti, poco importava che fossero tirannici e sanguinari. L'obiettivo più ambito era il controllo della Germania, che si trovava in una situazione di estrema debolezza a causa delle condizioni imposte a Versailles. Era stato imposto il pagamento di 12 miliardi di dollari per le riparazioni di guerra, e severe restrizioni economiche, che impedivano la ricostruzione della Repubblica di Weimar.

    Dopo la Prima guerra mondiale, la Germania , sconfitta e sull'orlo del collasso, si rivolse alle banche americane. Wall Street si attivò preparando due piani per rimetterla in piedi. I due piani vennero chiamati "piano Dawes" (1924) e "piano Young" (1928), e furono messi a punto da comitati di esperti americani, come Charles Dawes e Owen Young della General Eletric, Thomas W. Lamont rappresentante della J. P. Morgan e T. N. Perkins banchiere legato ai Morgan. Secondo lo studioso Antony Sutton si trattò di un aiuto fortemente interessato da parte degli Usa: "Nient'altro che la creazione di un sistema mondiale di controllo finanziario in mani private capace di dominare il sistema politico di ogni paese e l'economia globale del mondo".[29] Vennero attivati gli stessi istituti di credito che avevano finanziato la rivoluzione russa. L'American International Corporation (cioè la Fed ) e il Fondo di garanzia Morgan si occuparono della ricostruzione economica della Germania e, occultamente, anche del suo futuro politico. Nel 1919, la Commissione Overman del Senato statunitense rivelò che la Germania stava ricevendo prestiti dai Rothschild e dalla Chase National Bank di Morgan. Il denaro giungeva in Germania attraverso il Sudamerica.

    Il piano Young prendeva il nome da Owen D. Young, un funzionario dei Morgan, che aveva lavorato presso la General Electric. Lo scopo del piano era quello di impedire un'autonoma ricostruzione dell'economia tedesca e di creare problemi sociali e politici. Infatti, il piano imponeva il pagamento in contanti dei prestiti, pur sapendo che questo avrebbe ostacolato gravemente la ripresa e avrebbe costretto la Germania a chiedere forti prestiti alle banche. Anni dopo, uno dei sostenitori finanziari di Hitler, Fritz Thyssen, confessò:

    “L'accettazione del Piano Young e dei suoi principi finanziari aumentò sempre più la disoccupazione finché i disoccupati furono circa un milione. La gente era disperata. Hitler disse che avrebbe risolto il problema della disoccupazione. Il governo allora in carica era molto scadente e la situazione della gente andava peggiorando. Questa fu la vera ragione dell'enorme successo che Hitler ebbe in quelle elezioni, in cui prese circa il 40%”.[30]
    La finanza anglo-americana impose, nel 1923, Hjalmar Schacht alla presidenza della Reichbank. L'economia tedesca venne resa dipendente dalle banche di Londra e New York. La politica europea venne direttamente determinata dalla politica bancaria anglo-americana, che optò per sovvenzionare regimi che garantissero il potere di un'élite contro l'instaurarsi di una vera democrazia.
    Si trattava di creare in Germania un sistema economico-finanziario controllato da un gruppo di privati, soprattutto americani, e di indurre la gente a votare per Hitler. Hjalmar Schacht, un finanziere tedesco legato agli interessi dei Morgan, creò la Bank of international settlement (BIS), con sede in Svizzera, per supportare i finanziamenti al sistema nazista. Indebitare la Germania ridotta al collasso era il modo migliore per controllarla e per insediare il governo più favorevole agli interessi dell'élite. Nel 1924 Lloyd George dichiarò:

    “I banchieri internazionali dettarono la risoluzione Dawes sulle riparazioni. Il protocollo che venne firmato tra gli Alleati e i poteri associati e la Germania è il trionfo della finanza internazionale. L'accordo non sarebbe mai stato raggiunto senza il brusco e brutale intervento dei banchieri internazionali. Essi relegarono in un angolo uomini di Stato, politici e giornalisti e formularono i loro ordini con l'autorità di monarchi assoluti, che sapevano che non c'era appello per le loro spietate sentenze... Il rapporto Dawes fu modellato dai re del denaro. Gli ordini dei finanzieri tedeschi ai loro rappresentanti politici furono tanto perentori quanto quelli degli alleati banchieri ai loro rappresentanti politici”.[31]
    In Germania venne attuata una ricostruzione mirata ad assoggettare il paese al capitale Usa. I cartelli industriali, che si imponevano nell'economia tedesca (Vereinigte Stahlwerke, I.G. Farben, General Electric, Standard Oil, International Telephone and Telegraph ecc.), avevano nel loro consiglio di amministrazione finanzieri americani. La stessa famiglia Roosevelt aveva grandi interessi legati alla General Electric (faceva parte degli azionisti di maggioranza), che fu una delle più grandi società sostenitrici di Hitler.

    Alla vigilia della Seconda guerra mondiale, il 95% della produzione di esplosivi proveniva dalla I.G. Farben e dalla Vereinigte Stahlwerke. Tale produzione era stata possibile grazie ai prestiti e all'assistenza tecnologica americana. La I.G. Farben avrebbe permesso a Hitler la preparazione alla guerra, e avrebbe anche sfruttato la manodopera dei prigionieri nei campi di concentramento, fino alla morte. Il 14 giugno 1940, la Standard Oil e la I.G. Farben istituirono il campo di concentramento di Auschwitz, col preciso intento di avere manodopera schiavile. La società I.G. Farben era controllata dai Rothschild, che utilizzavano uomini di facciata per nascondersi, come fanno a tutt'oggi. La I.G. Farben avrebbe permesso di rendere la guerra così lunga, come afferma un rapporto del Ministero della Guerra americano:

    “Senza le immense possibilità produttive della I. G., le sue notevoli ricerche, i suoi estesi legami internazionali, la prosecuzione della guerra da parte della Germania sarebbe stata impensabile e impossibile. La Farben non solo indirizzò le sue energie verso il riarmo della Germania, ma si adoperò per indebolire le sue vittime designate, e questo duplice tentativo di espandere il potenziale industriale tedesco e di ridurre quello del resto del mondo non fu concepito ed eseguito "nel normale corso degli affari". Ci sono prove schiaccianti che i funzionari della I. G. Farben conoscessero perfettamente il progetto tedesco di conquista del mondo e ogni specifico atto d'aggressione successivamente intrapreso”.[32]
    La I.G. Farben elaborò nuove tecniche per ricavare benzina dalle riserve di carbone, permettendo così a Hitler di pianificare una lunga guerra di conquista. Gli accordi con i Rockefeller (che controllavano numerose società e banche) permisero alla Germania di avere tutto ciò che necessitava alla guerra: acciaio, gomma, benzina, petrolio e esplosivi. Senza il sostegno dei Rothschild, dei Morgan, dei Warburg e dei Rockefeller non ci sarebbe stato nessun Hitler e nessuna guerra.
    Sutton trova negli archivi del tribunale di Norimberga le prove inoppugnabili che Hitler era stato finanziato direttamente da Wall Street.[33] Egli trova gli ordini di finanziamento della campagna elettorale di Hitler del 1933. Si tratta di almeno tre milioni di marchi, che le Corporation e le banche americane (I.G. Farben, Ford, Federal Reserve Bank, Standard Oil Company ecc.) versarono, attraverso la banca Delbruck Schickler, a coloro che si stavano occupando della campagna elettorale, Rudolf Hess e Hjalmar Schacht (governatore della Reichsbank dal 1924 al 1929).

    Ai prestiti dei Rothschild e dei Morgan si aggiungevano le tecnologie necessarie allo sviluppo economico e alla preparazione della guerra. La Ford Motor Company e la General Motors si occuparono della produzione dei carri armati. La società americana Bendix Aviation, controllata dalla G.M., si occupò di fornire la tecnologia necessaria al pilotaggio automatico degli aerei.
    Le autorità americane erano al corrente di ciò che stava avvenendo. L'ambasciatore americano in Germania William Dodd, nel 1936, scrisse a Roosevelt:

    “Attualmente più di cento società americane hanno qui delle consociate con cui collaborano. I Dupond hanno tre alleati in Germania che facilitano gli affari nell'ambito degli armamenti. L'alleato principale è la I. G. Farben, un'espressione del governo, che elargisce 200.000 marchi all'anno a una organizzazione propagandistica che opera sull'opinione pubblica americana. La Standard Oil Company (filiale di New York) ha inviato qui 2.000.000 di dollari nel dicembre 1933 e sborsa 500.000 dollari all'anno per aiutare i tedeschi a produrre surrogati del gas a scopo bellico... Il presidente della International Harvester Company mi ha detto che i loro affari qui sono aumentati del 33% annui (produzione armiera, credo), ma che non potevano esportare niente. Anche i nostri produttori di aerei hanno stretto accordi segreti con i Krupps. La compagnia General Motors (Morgan) e Ford fanno floridi affari qui attraverso le loro consociate e esportano i profitti. Cito questi fatti perché complicano le cose e vanno ad accrescere i pericoli di guerra”.[34]
    Il presidente Roosevelt non fece nulla per contrastare le società che stavano rendendo possibile una prossima guerra. I motivi della noncuranza del presidente americano erano principalmente due: egli stesso aveva interessi economici e finanziari collegati a quelle società che stavano aiutando Hitler; inoltre, le sue decisioni erano manovrate da quella stessa élite che stava organizzando la guerra.
    A rimettere in sesto il sistema finanziario della Germania non fu Hitler ma il banchiere Hjalmar Schacht, che legò le maggiori banche tedesche alla Darmstàdter Bank. Ne affidò la guida a Jakob Goldschmidt, che nel marzo del 1933 diventerà presidente della Reichsbank. Alcuni banchieri ebrei non furono affatto perseguitati da Hitler, ma furono dichiarati "ariani d'onore".[35] Molti altri vennero espropriati e imprigionati, in seguito al processo di "arianizzazione" delle banche.

    Esistono molte prove documentali a sostegno della subordinazione di Hitler al potere delle Corporation presenti sul territorio tedesco. Hitler riceveva richieste e ordini dalle imprese presenti in Germania, molte delle quali avevano azionisti americani e inglesi.
    Ad esempio, in una lettera dell'11 gennaio 1942[36], il dittatore rispose positivamente alla richiesta da parte della Volkswagen di ricevere altri lavoratori schiavi nei campi di concentramento. Negli ultimi anni di guerra, i nazisti cercarono di deportare quante più persone possibile, per soddisfare le richieste di manodopera coatta da parte delle Corporation.

    Anche gli inglesi parteciparono generosamente al "progetto Hitler". Nel 1934 il governatore della banca d'Inghilterra Montagu Norman andò a Berlino in visita speciale. Lo scopo era quello di stabilire accordi precisi riguardo alla politica finanziaria del Reich. Si offrirono al regime nazista prestiti assai generosi, anche dopo l'invasione della Cecoslovacchia. Norman dette a Hitler 6 milioni di oro cecoslovacco che prima si trovava a Londra. Anche il Primo Ministro inglese Neville Chamberlain era al corrente e approvava. La Shell Oil , che è controllata dalla Corona inglese, finanziò l'ascesa di Hitler con accordi fra il suo amministratore delegato Henri Deterding e Montagu Norman.
    Nel 1938, Chamberlain, firmò l'accordo di Monaco, e si vantò di aver sigillato una pace duratura con la Germania , mentre in realtà sapeva benissimo che Hitler si stava preparando alla guerra.

    Gli inglesi, che nella retorica sostenevano di limitare la corsa agli armamenti dei tedeschi, nei fatti avevano conclusero, già nel 1935, un Patto Navale, che permetteva alla Germania di accrescere la propria potenza marittima. Appena due mesi prima, l'Inghilterra aveva partecipato alla Conferenza di Stresa, in cui si era mostrata d'accordo nel limitare alla Germania la possibilità di avere una forza navale.
    Gli inglesi speravano di distruggere la potenza sovietica attraverso una guerra scatenata dalla Germania, mentre gli Usa volevano una grande guerra per destabilizzare l'Europa e acquisire un maggior controllo attraverso le ricostruzioni successive. L'intento principale degli Usa era quello di indebolire l'impero inglese, e trarre ingenti profitti da un'eventuale guerra europea. Seminare divisioni, armare la Germania e provocare la guerra, avrebbe significato per l'élite Usa un passo avanti nel loro progetto di dominio mondiale.

    Nel 1934, la Germania nazista importava ben l'85% dei raffinati petroliferi. Hitler, per sfidare le altre potenze, doveva acquisire capacità di approvvigionarsi di carburatori. La soluzione gli venne offerta dalla Standard Oil di New Jersey, di proprietà della famiglia Rockefeller. La Standard Oil possedeva tecnologie e possibilità di finanziamento del progetto "benzina sintetica", che avrebbe permesso di estrarre benzina dal carbone. La benzina sintetica verrà prodotta, dal 1925, dalla I. G. Farben, che aveva come direttore Carl Bosch, che nel 1931 riceverà il premio Nobel per la chimica. La I. G. Farben era sotto il controllo dell'americana Standard Oil, con cui aveva stipulato l'accordo di condividere tutte le ricerche e tutti brevetti relativi alla produzione di benzina sintetica e di gomma sintetica. Nel 1933, anno dell'ascesa al potere di Hitler, l'ambasciata americana in Germania prevedeva che nel giro di soli due anni Hitler avrebbe avuto i mezzi per poter condurre una lunga guerra. Il ministero dell'economia del terzo Reich e le industrie I. G. Farben firmarono un accordo per la produzione di 400.000 tonnellate di benzina sintetica all'anno, fino al 1944. La produzione di benzina sintetica, dopo il 1935, salì ad alcune centinaia di migliaia di tonnellate all'anno. Nel 1944, con i processi Bergius e Fischer-Tropsch, toccò i tre milioni di tonnellate all'anno.

    Dal 1936, Hitler era in grado di poter iniziare la guerra, essendosi reso indipendente dalle importazioni estere di petrolio.
    L'élite anglo-americana, a tempo debito, avrebbe additato il "mostro", per apparire come i "liberatori dei popoli". La propaganda antitedesca iniziò qualche anno prima dello scoppio della guerra. I media inglesi, dal 1938, iniziarono ad esagerare il pericolo dell'invasione tedesca e attuarono "esercitazioni" con maschere antigas, per spaventare la popolazione e convincerla che sarebbe stata necessaria una grande guerra per "fermare il mostro".[37]

    Gli Usa sapevano che se avessero mantenuto il ritmo di produzione della benzina sintetica, Hitler avrebbe avuto possibilità di vittoria. L'élite americana poteva vincere la guerra perché sapeva dove si trovavano i centri di produzione della benzina sintetica. Quindi, le truppe americane dopo lo sbarco in Europa, per prima cosa occuparono gli stabilimenti del settore chimico, meccanico e industriale, sequestrarono molti archivi, materiali di laboratorio, e si impadronirono di un’ampia documentazione. Il 16 luglio del 1945, alla Conferenza di Potsdam, gli Alleati vietarono ai tedeschi la produzione di benzina sintetica. Nell'aprile del 1949 gli alleati smantellarono tutti gli impianti, che furono trasformati in raffinerie di petrolio.

    www.disinformazione.it/adolf_hitler.htm
  11. .
    PERCHE' LA NORVEGIA NON HA UN DEBITO PUBBLICO?


    La Norvegia non ha debito pubblico, per svariate ragioni che ora vi esporrò. Il motivo principale però resta principalmente uno ed uno solo: non ha aderito al sistema schiavista della moneta debito e, udite udite, la sua banca centrale è una delle ultime in Europa in mano ad uno stato. Insomma la sintetizzo così: una sola moneta, la Corona, una sola banca. E tutto quanto statale.
    La Banca Centrale Norvegese non solo è rimasta una delle ultime banche europee controllate dallo Stato,e non dai banchieri Privati, ma gestisce perfino il Fondo Pensioni norvegese in attivo,un altro miracolo specie in tempi di crisi! Ed è per questi fatti che la Norges Bank non vuole far parte del sistema Euro. Ovviamente non sono scemi i Norvegesi. Beati loro... Ma vediamo gli altri punti di forza che fanno della Norvegia un paese simbolo da emulare:
    Non ha aderito all'euro. La moneta Norvegese è la Corona. E l'avevamo detto.
    Non ha privatizzato le aziende energetiche - petrolio (Statoil), energia idroelettrica (Statkraft), alluminio (Norsk Hydro), la principale banca del paese (DnB NOR), e le telecomunicazioni (Telenor). Qui da noi invece, la legge 111 del 15 luglio permette la dismissione del capitale pubblico! E visti i precedenti, Iri ad esempio, non c'è da star tranquilli...
    Circa il 30% di tutte le aziende quotate alla borsa di Oslo è statale.
    I titoli di stato rendono il 6,75% netto ai risparmiatori.

    Pur essendo il principale produttore di petrolio europeo, non fa parte dell'OPEC. (Per la cronaca, l'Italia è il secondo produttore europeo e in Basilicata è stato individuato il più grande giacimento d'Europa su terraferma). Tornando alla Norvegia, spulciando un attimo si scopre che il petrolio del paese è controllato dal governo tramite i maggiori operatori come il 62% in Statoil nel 2007, la controllata statale al 100% Petoro, e SDFI, oltre al controllo delle licenze di esplorazione e produzione. Una sorta di ENI alla Mattei, prima del fatale "incidente". Poi se spulciate ancora un altro po' sai che potreste scoprire? Non ci crederete ma la Norvegia ha fondato un Fondo Pensioni Sovrano nel 1995 per ridistribuire i proventi del petrolio, del fisco, dei dividendi, delle cessioni e delle royalties. Ahhh! E noi non potremmo fare lo stesso dato che l'Italia è il secondo produttore europeo e in Basilicata è stato individuato il più grande giacimento d'Europa su terraferma? Ovviamente si, manca la materia prima che prenda le decisione.. Comunque alzo proprio le mani....
    Perché questi Norvegesi sono davvero forti. E mica si sognano di privatizzare l'acqua o la raccolta dei rifiuti, come vorrebbero fare i nostri politici... Vedete, la scusa del debito pubblico legata ai costi dello stato è una SCUSA! Il problema è la moneta debito.. Ed è così evidente specie ora che vi cito un altro dato: la Norvegia ha un avanzo di bilancio statale del 10%, mentre noi, che abbiamo privatizzato quasi tutto, abbiamo un debito pubblico pari al 119% del nostro PIL...
    Finisce qui? Ma manco per sogno! Proseguiamo! C'è da segnalare che la Norges Bank è la prima banca Centrale in assoluto ad aver citato in giudizio nel 2009 per truffa sui derivati la City Group, il più grande gruppo d'affari del Mondo. Immaginiamoci gli esiti delle sentenze che il Tribunale amministrativo di Stato norvegese dovrebbe emettere...
    Va poi ricordato che il Governo norvegese ha firmato qualche mese fa un importante Trattato con accordi del confine acqueo nel Mare del Nord con la Federazione Russa, al fine di un congiunto sfruttamento gas-petrolifero, escludendo di fatto le "7 sorelle" multinazionali globali, storicamente "coinvolte" in tali frangenti e rappresentanti gli interessi primari di Canada e USA ,ovviamente contrarie a tale accordo. Sottolineo poi che la Norvegia dopo un iniziale appoggio ha ritirato le truppe dalla Libia,aggiungendo alla Nato un'ulteriore difficoltà "politica". Il Governo norvegese è stato il primo ad aver evidenziato un futuro riconoscimento della Palestina come Stato sollevando molti consensi ma anche dure e aspre critiche.
    Dopo aver elencato così tanti aspetti positivi della Norvegia viene naturale chiedersi:
    ma se l'Italia fosse come la Norvegia monetariamente sovrana cioè fuori dall'euro?
    E se non fosse trivellata da cima a fondo da multinazionali estere e/o finanziarie per i suoi giacimenti di idrocarburi, i secondi per ordine di importanza in Europa?
    E se per le nostre preziose risorse elettriche non fosse sfruttata da scatole cinesi della multinazionale di stato francese EDF?
    E se le nostre risorse idriche, tra le maggiori al mondo, non fossero in mano alle multinazionali dell'acqua in bottiglia tipo Nestlé, e dai due colossi francorotti Suez Gaz de France e Veolia?
    E se i proventi di dette risorse pubbliche li gestissimo per ridistribuirli al popolo come nei paesi dove esiste un social welfare?
    Avremmo un debito pubblico inesistente come la Norvegia?

    Fonte:http://terrarealtime.blogspot.it/
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    Le strane anomalie rilevate sul presunto Ufo del Mar Baltico

    Il team Ocean X è ritornato dalla loro prima spedizione per indagare l'oggetto misterioso che hanno scoperto nel Mar Baltico.Leggi la storia qui

    La spedizione avrebbe dovuto fornire risposte, ma invece ha dato ancora più domande.

    "Abbiamo guardato il nostro computer da immersione, la profondità del computer subacqueo del mare, e ha rilevato che l'acqua ha una temperatura di meno di un grado che in realtà dovrebbe essere impossibile visto che l'acqua fredda si trasforma in ghiaccio a zero gradi, ma forse potrebbe essere spiegato con il movimento dell'acqua. "

    Inoltre,si sono verificati alcuni strani fenomeni...

    Uno dei principali obiettivi della ricerca è stato quello di filmare l'oggetto, ma la telecamera ha smesso di funzionare quando si avvicinava all'oggetto.

    "Perché non funziona nulla di elettrico là fuori e il telefono satellitare ha smesso di funzionare quando eravamo sopra l'oggetto e poi quando siamo scesi a circa 200 metri ed è successo ancora una volta quando siamo tornati sopra l'oggetto , insomma un bel pò di strane anomalie "

    Mr Hogerborn dice che non ha mai vissuto nulla di simile durante i suoi 20 anni come sommozzatore professionista.

    Dennis Asberg del team Ocean X è sicuro cento per cento che hanno trovato qualcosa di molto insolito.



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    Questo Spot fatto dalla Cina e pieno di messaggi a mio avviso subbliminali su un eventuale conflitto futuro, giudicate voi.


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    Terremoto in Emilia, scosse di oggi e altre notizie
    La scorsa notte c'è stata un'altra scossa piuttosto forte: Equitalia e le banche offrono il loro aiuto, mentre il sito di stoccaggio del gas nel modenese non si farà
    2 giugno 2012
    Commenti 2 Commenti

    Aggiornamento, 18.00 – Per tutta la giornata di oggi sono continuate le scosse: tra le 6 e le 16 il sito del Centro Nazionale Terremoti ne ha registrate diciotto, di magnitudo compresa tra 2 e 3,2 (la più forte, alle 10.15). Sul piano della ricostruzione, il capo della Protezione Civile, Franco Gabrielli, ha firmato un’ordinanza per la ripresa delle attività economiche nei comuni maggiormente colpiti dai terremoti.

    il provvedimento stabilisce che il titolare dell’attività produttiva, che è responsabile della sicurezza secondo il dlgs 81/2008, deve acquisire la certificazione di agibilità sismica a seguito della verifica di sicurezza prevista dalle norme sismiche vigenti, fatta da un professionista abilitato e deve depositarla nel Comune territorialmente competente. Solo a quel punto sarà possibile la riapertura delle attività.

    — — —

    In Emilia le scosse di terremoto sono continuate anche nella notte tra venerdì 1 e sabato 2 giugno. La più forte, di magnitudo 3,5, è stata all’1.07, con l’epicentro localizzato tra Novi di Modena e Moglia (provincia di Mantova), che però non sembra aver provocato grossi danni. Complessivamente, comunque, il numero di scosse è diminuito rispetto a quello della notte tra giovedì e venerdì, quando si erano verificate circa 50 scosse. Da mezzanotte alle 6.30 di stamattina, infatti, ne sono state registrate 17, tutte con una magnitudo che non ha superato i 3 gradi, esclusa quella dell’una.

    Ieri, intanto, Equitalia, la società per azioni che dal 2007 si occupa della riscossione delle imposte a livello nazionale, ha sospeso, si legge in una sua nota, ”ogni attività di riscossione nelle zone colpite dal terremoto”, ”in attesa di provvedimenti normativi ad hoc che stabiliscano quali siano i Comuni interessati dallo stato di emergenza”. In particolare, la riscossione è stata sospesa “in tutti i comuni delle province di Bologna (ad eccezione del Comune di Bologna), Ferrara, Reggio Emilia, Modena, Mantova e Rovigo”.

    (Le immagini dalle zone colpite)

    Anche le banche, dopo le polemiche degli scorsi giorni sulle commissioni da 5 euro sui versamenti a scopo beneficenza per le popolazioni colpite dal terremoto, hanno annunciato aiuti per i cittadini emiliani, come lo stop alle riscossioni delle rate dei mutui: chi ha subìto danni, infatti, potrà chiedere di non pagare le rate per 12 mesi, sia sulla quota capitale sia sugli interessi. Inoltre, nelle zone colpite dal terremoto saranno azzerate le commissioni sui prelievi dai bancomat.

    (Le città del terremoto)

    Sempre ieri la procura di Bologna ha aperto un fascicolo per procurato allarme dopo le tante telefonate giunte ieri ai centralini di polizia e carabinieri di persone che chiedevano informazioni sul presunto arrivo di una “scossa di terremoto devastante”. I magistrati credono che si tratti di allarmi diffusi dai cosiddetti “sciacalli”. Solo ieri a Mirandola (Modena) la polizia ha arrestato tre persone, accusate di tentato furto aggravato in una casa abbandonata. Altri arresti ci sono stati a Gonzaga, in provincia di Mantova. Il prefetto di Modena ha rafforzato la sicurezza nelle aree colpite dal sisma, impiegando 395 membri delle forze dell’ordine e 60 militari dell’esercito.

    (10 risposte sul terremoto in Emilia)

    Ieri il ministero dello Sviluppo Economico, inoltre, ha vietato definitivamente la costruzione di un impianto di stoccaggio del gas a Rivara, nel modenese. Il progetto dell’impianto, contestato duramente negli ultimi anni, lo prevedeva in piena zona sismica. Oggi i segretari nazionali dei sindacati di CGIL CISL e UIL, rispettivamente Susanna Camusso, Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti, si recheranno nelle zone colpite dal sisma per incontrare le autorità locali e offrire la loro solidarietà alle famiglie colpite.

    foto: La Presse/Lorenzo Moscia
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    MISTERIOSO TERREMOTO ALL'ISOLA D'ELBA
    Questo periodo le stiamo sentendo davvero tutte in giro per il web, tra voci, allarmi ed evacuazioni improvvise sembra non finire la “terremoto-mania” che impazza da domenica 20 maggio quando il primo devastante sisma ha colpito l’Emilia. Eppure questa mattina intorno alle ore 9:30, secondo quanto riferisce il quotidiano tenews, dopo che lo stesso fenomeno si è verificato ieri, un forte tremore è stato avvertito all’Isola d’Elba, esattamente nei pressi di San Pietro.
    Gianmarco Gentini, responsabile della protezione civile locale, riferisce allo stesso quotidiano che stavolta l'ha avvertita anche lui precisando l'accaduto << sono vibrate le finestre ed un forte rumore ha accompagnato l’evento. Proprio come un terremoto>>.
    Intervengono subito gli esperti a tal proposito per cercare di capire l’entità di quanto segnalato,dicendo che si potrebbe trattare di un sisma “anomalo” e non ancora studiato ufficialmente dai ricercatori.
    La risposta dell’INGV arriva poco dopo, spiegando che i sismografi locali andranno ripuliti completamente in quanto le onde sismiche delle scosse che si susseguono in Emilia Romagna vanno ad interferire con i dati locali per cui è ancora presto per stabilire l’effettiva dinamica del movimento tellurico avvenuto sull’Isola.

    Fonte:http://www.meteoportaleitalia.it/monitoraggio-a-analisi-modelli/monitoraggio-a-analisi-modelli/monitoraggio-terremoti/3641-misterioso-terremoto-all-elba-questa-mattina-interviene-l-ingv.html
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